Direzione scientifica
dott. Francesco Uliano Scelza
FUNZIONARIO RESPONSABILE
dott.ssa Giovanna Manzo
RESTAURATORI
dott. Fabio Siniscalchi, dott. Marco Iovinella
Obiettivi
Inibire l’avanzamento del degrado, ripristinare stabilità fisico chimica, garantire e preservare le condizioni conservative.
INTRODUZIONE
Dal 2021 l’acropoli di Velia è oggetto di un progetto di ricerca finalizzato ad indagare e conoscere le testimonianze materiali dei primi decenni di vita della città (VI sec. a.C.). Gli scavi archeologici restituiscono una moltitudine e diversità di reperti il cui studio contribuisce in maniera preziosa alla costruzione del quadro conoscitivo d’insieme.
DESCRIZIONE
L’elmo Negau proviene dallo stesso strato dell’elmo calcidese ma appartiene ad una differente cultura, il termine Negau infatti si riferisce alla tipologia di elmo di produzione etrusco italica in uso nei secoli VII-IV a.C. Esso ha una forma a calotta, avvolge la nuca e termina con una gola e poi un orlo spesso e sporgente.
Le prime fasi di intervento su di un reperto proveniente dal sottosuolo, in particolare un reperto bronzeo, sono tra le più delicate dell’intero procedimento di restauro, poiché le condizioni di ambientali (presenza di ossigeno, acqua, agenti inquinanti) in cui l’oggetto è stato immerso per secoli o, come in questo caso, millenni, mutano improvvisamente. Nei metalli questo significa l’innescarsi o il velocizzarsi immediato di processi chimici degenerativi. Il fine primario dell’intervento è stato dunque quello di mantenere condizioni ambientali costanti, favorire una lenta asciugatura del terreno e contemporaneamente bloccare o inibire i fenomeni di degrado in corso.
Una particolarità dell’elmo è la presenza di un foro nella parte superiore della calotta: la forma, dimensione e posizione lasciano pensare a cause intenzionali, come, ad esempio, un colpo in combattimento.
L’elmo è esposto sull’acropoli di Velia, nella Cappella Palatina, insieme alle più significative testimonianze narranti la nascita della città di Elea.